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Immagine del redattoreAlex De Nittis

Psicoterapia e videogiochi, insieme

Aggiornamento: 18 gen 2021

Sembra ieri quando, ancora alle prese con gli esami universitari, la mia esperienza personale e la mia passione si incontrarono in quello che sarebbe stato il mio primo, grande, prototipo di approccio terapeutico con i videogiochi, con particolare focus sulla depressione (1) . Un segno del destino per PAGE! Fu un elaborato scritto che presentava un punto di incontro tra videogiochi - usati nell’elaborato per essere un collegamento con la psicologia - e la terapia clinica, attività alla base del rapporto tra i professionisti della salute mentale e i loro pazienti. Oggi si definisce “Videogame-based Therapy”.



Perché la psicoterapia coi videogiochi?

Se pensiamo ai pazienti più piccoli e agli adolescenti, la risposta è semplice seppur non immediata: perché parlare con il terapeuta, a volte, non è così semplice, soprattutto se hai 10 anni. Riuscire a creare un rapporto basato quanto prima su una lunghezza d’onda comune, sapendo prima di tutto che cosa permea il mondo del giovane paziente, è determinante per la buona crescita, appunto, del rapporto terapeuta-utente.


Avere una minima dimestichezza su che cosa sono i videogiochi oggi (oggi elemento base di molte esperienze in singolo e di gruppo per ragazzi e ragazze) è il primo step; il secondo è la creazione del contesto terapeutico stesso, dove un adolescente, trovandosi accolto proprio sul tema videoludico, si sente maggiormente disposto e fiducioso verso il trattamento. Le fasi che seguono richiamano quindi le stesse strutture e i modelli terapeutici precisi e consolidati del professionista, dedicati proprio alla maturazione della terapia e alla ricerca del benessere. Ed è proprio qui che possono essere reintegrati nuovamente i videogiochi, non più solo come canale comunicativo ma anche come mezzo di comprensione e analisi.

Assassin's Creed Revelations - The Lost Archives (2012)
Un videogioco in terapia può diventare così un alleato della stessa, arricchendola.

I terapeuti che lavorano con i bambini usano da tempo attività ludiche o di impronta ludica nelle loro sessioni terapeutiche, basti pensare agli scacchi e ai giochi da tavolo: se ne trova traccia nelle ricerche sin dagli anni ‘60. Spostandosi verso gli anni ‘90 aumentano gli studi che si concentrano sull’impulsività e sul concetto del sé, dove i partecipanti mostrano miglioramenti significativi nelle due aree di intervento considerate. Durante il mio tirocinio post-lauream nel 2016, proprio insieme al mio collega Francesco Loffredo, abbiamo guidato la sperimentazione un nuovo approccio alla impulsività correlata all’uso delle sostanze, introducendo un prototipo di un software "gamificato" nel percorso terapeutico.

Uno psicoterapeuta che gioca?


Il terapeuta può intervenire direttamente nell’ azione, gestendo e preparando il setting ludico durante la sessione, oppure rimanere nelle retrovie, da osservatore, analizzando le strategie adottate nel gioco dall’utente, dando feedback appropriati ai momenti giusti. Questo tipo di interazioni sono state utilizzate proprio con i bambini per incentivare la consapevolezza sui propri stati mentali ed emotivi interni e sulle abilità di gestione del conflitto.

Gli autori delle ricerche hanno concluso che i videogiochi offrono una grande opportunità nella creazione di un rapporto solido con il terapeuta, di un’atmosfera rilassata e inclusiva che non fa sentire minacciato anche il più piccolo degli utenti. Più in generale, è l’uso della tecnologia, come ad esempio un computer o un tablet, ad essere il ponte di incontro per alcuni di loro. La relazione terapeutica in senso stretto emerge così più velocemente quando i videogiochi sono utilizzati rispetto a quando non lo sono nelle terapia tradizionali. Tuttavia è proprio la mancanza di studi approfonditi e ad ampio spettro che non ci consente di avere più dati e considerazioni nell’ambito clinico (2), come ad esempio l’uso stesso della terapia con pazienti di età superiore.

Michela nel suo articolo ha già chiarito come i videogiochi possano essere usati come potenziamento e riabilitazione per le funzioni cognitive in un altro ambito, la neuropsicologia. La ricerca qui è più consistente e collima con quanto detto in precedenza: identifica proprio negli adolescenti i principali target e fruitori su cui i risultati sembrerebbero essere più impattanti. In questo modo, i pazienti risultano più cooperativi e intraprendenti verso la terapia e rimangono più volentieri della stanza del terapeuta.

Night in the woods (2017)
È possibile che i video games possano offrire opportunità efficaci per la terapia con i bambini e adolescenti (7-17 anni) laddove l’approccio terapeutico tradizionale ha fallito.

A cosa giochiamo in terapia?


Molti videogiochi sono stati selezionati in base allo scopo, per le loro caratteristiche (3). Sono stati usati svariati generi di videogiochi, e alcuni più di altri, come i survival horror e gli sparatutto in prima persona (FPS); altri invece sono stati scelti per i temi affrontati, come la morte, eventi traumatici o perdite importanti; altri ancora per le modalità di racconto, come alcuni FPS o puzzle-games che toccano la sensibilità del giocatore con esperienze prive di testo scritto e con grafiche ricercatissime.

Molti psicoterapeuti adoperano strumenti dal mondo multimediale durante la terapia: video, film, libri educativi e arte si affacciano spesso nella stanza del terapeuta.


Alcuni videogiochi invece lavorano di per sé, stimolando i giocatori alla conoscenza dei temi e delle problematiche psicologiche (4). Alcuni di questi sono:


  • Depression Quest (Zoë Quinn, 2013) – è una storia di depressione raccontata in un “libro-game” dove il giocatore è chiamato ad affrontare situazioni di tutti i giorni. L’obiettivo del gioco è mostrare la quotidianità, attraverso le lenti della sofferenza e della depressione, alle persone che potrebbero non capire a fondo la situazione dei propri cari ma anche a chi ne soffre, facendole sentire meno sole.


  • Night in the Woods (Infinite Fall, 2017) – dove i giocatori sviluppano strategie di coping per contrastare l’ansia, impersonando il personaggio di Mae, alle prese con importanti scelte per il suo futuro.


  • Gris (Nomada Studio, Blitworks, 2018) – un puzzle-game elegante e privo di ogni tipo di violenza, in un cui la protagonista fa fronte alle sue debolezze e alle perdite subìte, risolvendo rompicapi.


Gris (2018)
Nessuno di loro però sarà mai un sostituto della psicoterapia, e non sono stati sviluppati a questo scopo.

Tuttavia potrebbero davvero aiutare anche fuori dalla terapia, tra una seduta e l’altra, oppure per farci sentire più vicini a chi ci sta vivendo una situazione drammatica o per tradurre le nostre emozioni, esprimendo ciò che sentiamo.


Per concludere, segnalo ai lettori di PAGE la notizia (5) di giugno di quest’anno del primo videogioco terapeutico pubblicato e ufficialmente riconosciuto dalla FDA (l’americana Food and Drug Administration) come trattamento per migliorare l’attenzione nei bambini con ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività), il suo nome è EndeavorRx.


 

Note:

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