Essere l'eroina
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  • Immagine del redattoreAlex De Nittis

Essere l'eroina

L’8 marzo ricorre il giorno dedicato alle donne e per l’occasione l’intero episodio di PAGE si tinge di rosa.


Mi rivolgo così ai nostri lettori e chiedo: quando è stata la prima volta che avete utilizzato un personaggio femminile?


Scommetto che la maggior parte di voi risponderà con il nome di Lara Croft, negli anni ‘90, quando il primo Tomb Raider apparve sulle mensole dei negozi. Tuttavia, l'onorificenza di essere stata la prima eroina ad apparire nei videogiochi è stata attribuita a Samus Aran, esploratrice e cacciatrice intergalattica di taglie della serie Metroid, nel 1986. In quegli anni, i videogiochi che avessero esclusivamente protagoniste femminili erano disponibili per la maggior parte su Atari 2600 e Commodore 64 ed erano decisamente meno conosciuti rispetto ad oggi. Ms Pac-man era una di loro. Guardando l’ammiccante palla gialla, è palese come questo esempio possa portare a ragionare in termini di popolarità:


un personaggio “al femminile” poteva diventare famoso solo grazie alla sua controparte maschile.


Negli anni a seguire, le serie principali di videogiochi hanno cominciato ad avere una donna come protagonista, senza il passaggio da un’entità maschile. Proprio per rispondere alla domanda di prima, nella mia esperienza avrei dovuto aspettare dopo il mio decimo compleanno - il 2003 per la precisione - e iniziare a scattare fotografie in compagnia di Jade nelle sue avventure in Beyond Good & Evil (di cui sto aspettando il sequel ardentemente).


Oggi nei videogiochi si contano molte più protagoniste e negli anni continuano ad aumentare, anche come personaggi secondari o selezionabili tra una rosa di possibilità, seppur non ancora paragonabili ai numeri dei protagonisti maschili.


Scegliere un’eroina rispetto ad un eroe per la produzione di un nuovo videogioco, in proporzione era 1 su 7 fino alla fine degli anni Ottanta. Seppur vi sia stata un’evoluzione insufficiente in questo senso, nel 2020 sono stati annunciati molti più videogiochi con protagoniste principali rispetto all’anno precedente, passando dal 5% del 2019 al 21%, pur rimanendo sotto le percentuali maschili. Solo il tempo potrà dirci se si sia trattato di un trend destinato a scemare. La lista è capitanata da Ellie, la protagonista del secondo capitolo di The Last of Us, divenuta un simbolo indiscusso dei character femminili moderni nei videogiochi degli ultimi anni.


Tra i problemi che si evidenziano da sempre vi è la cosiddetta ipersessualizzazione del character design e la rappresentazione di donna come oggetto, di cui anche la nostra atletica archeologa è stata vittima. Oltre a questo, troviamo da un lato l’idea che per creare un personaggio femminile basti aggiungere dettagli come rossetto, scarpe con i tacchi o ciglia lunghe, dall’altra la limitazione data dalla sola definizione di “damigella da salvare”, il trofeo alla fine del gioco.


Sia come esempio estetico che di caratterizzazione (e gameplay) di questi ultimi aspetti, prendo in prestito il titolo Crash Bandicoot.


Il marsupiale spacca-scatole ha visto inizialmente solo nel primo titolo della serie una forte caratterizzazione di Tawna, una bionda bandicoot tutta curve e mai giocabile identificata solo come “la fidanzata di Crash” e descritta dai suoi creatori come la Jessica rabbit dei bandicoot - classica damigella da salvare, appunto. Solo un sequel più tardi arriva Coco, la sorella razionale e genio dei computer, che grazie alla sua parlantina e intelligenza saprà aiutare il fratello a sconfiggere dalla seconda volta in avanti il famigerato Dr. Neo Cortex. Tawna da allora avrebbe avuto solo sporadici cameo, presenze secondarie in giochi spin-off e sicuramente una lacunosa (se non assente) personalità, associata solo al suo aspetto fisico.

La presenza di entrambe le bandicoot la ritroviamo solo nel 2020 grazie a Crash Bandicoot 4 - It’s about time, dove le due eroine, entrambe giocabili, entrambe significative ed ognuna con una personalità ben definita, ci rende partecipi dell’evoluzione di questa rappresentazione giunta quasi trent’anni dopo il primo gioco.


Pur partendo da un videogioco come Crash Bandicoot, cartoonesco, colorato e adatto ai piccoli d’età, si capisce - a mio parere - che di lavoro da fare ce n’è, perché è proprio dalle rappresentazioni che riceviamo sin da bamini che si dipana e sviluppa un certo tipo di mentalità.


Per concludere, una menzione speciale alla dimensione indie, dove è sempre più evidente e degno di nota come il femminile, di qualsiasi età o origine etnica, sia espresso in modo incontrastato all’interno del panorama videoludico. Mi posso riferire a Madeline di Celeste, Edith di What remains of Edith Finch, o ancora Rosemary Reed di Remothered, l’epopea di Gris nell'omonimo gioco o dell'attualissimo The Medium con la spiritualista Marianne come protagonista.

Guardando al futuro vedo Kena, nel suo gioco Kena: Birdge of Spirits, l’enigmatica astronauta di Returnal e spero di poterne vedere sempre di più.

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