Chi conosce Stranger Things, l'acclamata serie tv Netflix, ricorderà certamente che i giovani protagonisti si trovano molto spesso seduti intorno ad un tavolo con un tabellone, mostriciattoli di plastica e dadi alla mano. Quel gioco che li prende così tanto è l'antenato dei più moderni Giochi di ruolo virtuali, o RPG, come vedremo tra poco.
Ma è così diverso parlare di Giochi di Ruolo di allora e di oggi, nell'era di internet? Come funzionano le interazioni nel mondo virtuale? Possono essere in parte sovrapponibili con ciò che accade nel mondo reale?
I giochi di ruolo e gli MMO
Per rispondere a queste domande, partiamo con un tuffo nel passato: intorno agli anni ’70, iniziarono a diffondersi due nuove tipologie di giochi appartenenti al genere fantasy, i MUDs (multi-user domains o multi-user dungeons) e i giochi di ruolo da tavolo, conosciuti come RPG (role-playing games).
Il filo rosso che li unisce è proprio la collaborazione tra giocatori, elemento imprescindibile per superare gli ostacoli e progredire nel gioco.
I primi consistevano in mondi virtuali nei quali i giocatori potevano interagire per mezzo di una tastiera, mentre i secondi si svolgevano su vere e proprie mappe inventate dal dungeon master (1), sulle quali i giocatori dovevano compiere azioni di vario tipo (ad esempio muovere la propria pedina verso un luogo specifico) e il cui esito dipendeva dal lancio di dadi, metodo scelto per rappresentare la variabile “caso”.
Entrambi prevedevano la creazione, da parte dei giocatori, di personaggi fantastici (o avatar), caratterizzati da particolari abilità senza le quali sarebbe stato impossibile proseguire nell’avventura, sconfiggere nemici ed acquisire tesori.
Negli anni, il miglioramento della grafica computerizzata e la diffusione sempre più capillare della rete hanno fatto sì che questi due tipi di giochi convergessero negli MMORPGs, ovvero massively multiplayer online role play games.
Una review del 2010 di Jane Barnett e colleghi ci aiuta ad analizzare l’acronimo MMO (Barnett et al., 2010):
• Massively: si tratta di giochi che vantano milioni di utenti
• Multiplayer: diversi giocatori giocano contemporaneamente nello stesso mondo fantastico
• Online: per giocare, è necessaria una connessione Internet
Inizialmente, questi giochi potevano essere acquistati in negozi specializzati o scaricati dai siti ufficiali, e molti di essi prevedevano il pagamento di un abbonamento mensile. Nel tempo le cose sono cambiate molto velocemente, come spesso accade in ambito tecnologico: si sono diffusi diversi generi di MMO Sparatutto (Planetside 2), strategici in tempo reale (World of Warships) oppure di avventura (Uru: Ages Beyond Myst) [vedi Fig. 1].
Figura 1 di 1. PlanetSide 2: videogioco MMOFPS (First Person Shooter) del 2012, sviluppato e pubblicato da Sony Online Entertainment.
Figura 2 di 1. World of Warships: videogioco MMO free-to-play sviluppato dall'azienda Wargaming.net.
Figura 3 di 1. Uru: Ages Beyond Mist: videogioco MMO di avventura, sviluppato da Cyan Worlds e pubblicato da Ubisoft.
Inoltre, sono comparse tantissime app free-to-play (ne abbiamo parlato qui) per smartphone e tablet pensate per permettere a tantissimi giocatori di condividere l’esperienza tramite la rete, come avveniva nei primi MMO.
La collaborazione tra giocatori nelle gilde
Nome probabilmente derivato dall‘anglosassone gylta, “sacrificio”, è uno dei termini con cui nel Medioevo si indicava la tendenza, comune a molti i popoli (in particolare, fiamminghi, anglosassoni e scandinavi), ad unirsi in associazioni “di mestiere” (ad es. gilda di artigiani, di mercanti, ecc.), “sociali” o “religiose”.
Come accennato in precedenza, negli MMO le possibilità d‘azione come giocatore solitario sono limitate: per poter raggiungere determinati obiettivi è necessario stringere amicizia con altri giocatori e lavorare insieme. Sembra una cosa semplice ma non lo è: infatti, perché un gruppo possa essere efficace, deve essere equilibrato, ovvero formato da personaggi con ruoli diversi e con compiti ben precisi e, come in tutti i gruppi che si rispettino, al vertice c‘è un leader, talvolta coadiuvato da alcuni sottoposti (ufficiali). Alcune gilde sono organizzate e strutturate come il mondo degli affari: perché all‘interno di questi gruppi regni il benessere, è importante che ci siano coesione e buona comunicazione tra i vari membri, tant’è vero che uno dei compiti principali degli ufficiali è quello di monitorare il comportamento dei nuovi arrivati e accertarsi che questi rispettino le regole della gilda; chi trasgredisce e non contribuisce al benessere generale viene espulso (Barnett et al., 2009).
Dovrebbe ormai essere chiaro che far parte di una gilda è piuttosto impegnativo; ciò nonostante milioni di giocatori spendono ore ed ore della propria giornata pur di restarne membri!
Ricerche psicologiche suggeriscono che ciò sia dovuto alla volontà di soddisfare i bisogni di appartenenza, condivisione, realizzazione, oltre che ricevere ricompense. Questi risultati possono aiutare a capire come mai i giocatori, nonostante la grande quantità di situazioni potenzialmente stressanti nella vita reale, cerchino comunque di entrare a far parte di queste comunità.
Quanti tipi di gilde ci sono?
Uno studio di Williams e colleghi ha individuato quattro tipi di gilde (Williams et al., 2006):
> Social: create per mantenere un contatto con membri della propria famiglia o amici che vivono lontano.
> PvP (Player vs. Player): l‘obiettivo principale è quello di confrontarsi con altri giocatori. Lo studioso collega questo fenomeno a comportamenti competitivi nella vita reale, si pensi ad esempio all‘ambito sportivo.
> Raid: forse il tipo più affascinante in quanto prevede di affrontare gli ostacoli più imponenti di questi giochi; un “raid” può durare da poche ore a diversi pomeriggi a settimana. Il successo dipende da molti fattori tra cui abilità del leader, affiatamento e coordinazione tra giocatori.
> Role playing: in questo caso è previsto di interagire sia con gli altri players sia con l‘ambiente e con le sue tradizioni, come se ci si trovasse nel mondo reale.
Ora risulta ancora più facile capire perché questa modalità di gioco cooperativo attiri così tante persone: c‘è spazio per soddisfare esigenze anche molto diverse.
I rapporti che si stringono durante gli MMO possono essere vissuti con un‘intensità paragonabile alle amicizie del mondo reale, come dimostra proprio il caso di Uru Ages of Myst: quando il gioco fu bloccato, i gruppi che si erano formati all‘interno di esso si spostarono in blocco ad altri MMO, ricercando elementi simili al mondo del gioco di ruolo precedente (Pearce, 2006).
Non è un caso, quindi, che chiedendo ai giocatori il motivo della popolarità di questi giochi una risposta piuttosto gettonata sia: “sono le persone che ci attraggono, non il gioco in sé” (Ducheneaut et al., 2006).
Le gilde non rappresentano l’unica modalità di interazione all’interno dei videogiochi, e neanche la più recente; tuttavia, questo excursus è utile per capire quanto il mondo reale e quello virtuale siano vicini, e come ciò si ripercuota sulle interazioni tra giocatori, che negli anni si sono evolute nelle modalità, grazie al progredire della tecnologia, conservando tuttavia i medesimi ed affascinanti meccanismi psicologici analizzati dai numerosi studiosi citati, partendo proprio dagli MMORPG.
Note:
Il Dungeon Master (DM) rappresenta il narratore onnisciente che, all'interno del gruppo di giocatori - avventurieri, svolge la trama e impersonifica personaggi secondari, anima creature, inventa le sfide in accordo con la linea logica degli eventi. In altre parole, è "gli occhi e le orecchie" dei giocatori, raccontando cosa accade intorno a loro.
Bibliografia:
- Barnett J., Coulson M., Foreman N. (2009), “Testing the efficacy of the General Aggression Model: Exploring responses to provocations in non-gamers, and gamers after violent online play”, Unpublished doctoral dissertation, Middlesex University, London, UK.
- Barnett J., Coulson M. (2010), “Virtually real: A psychological perspective on massively multiplayer online games”, Review of General Psychology, 14(2), pp. 167.
- Ducheneaut N., Yee N., Nickell E., Moore R. J. (2006), “Alone together? Exploring the social dynamics of Massively Multi-player Online Game”, Conference in Human Factors In Computing Systems.
- Pearce C. (2006), “Productive play game culture from the bottom up”, Games and Culture, 1(1), pp. 17-24.
- Williams D., Ducheneaut N., Xiong L., Zhang Y., Yee N., Nickell E. (2006), “From tree house to barracks the social life of guilds in world of warcraft”, Games and culture, 1(4), pp. 338-361.
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