Le Techno-addiction
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  • Immagine del redattoreFrancesco Loffredo

Le Techno-addiction

Aggiornamento: 7 mag 2020

Dipendenza da internet, dipendenza da videogiochi, ludopatia. Alzi la mano chi negli ultimi dieci anni non abbia sentito almeno una volta queste parole, in televisione o sui social media.

Ma sappiamo davvero cosa sono?


Prima di addentrarci nei dettagli, è necessario dare una definizione del termine dipendenza. L’Enciclopedia Treccani (1) la descrive così: “condizione, in cui un individuo si trova, di incoercibile bisogno di un prodotto o di una sostanza, soprattutto farmaci, alcol, stupefacenti, a cui si sia assuefatto, e la cui astinenza può provocare in lui uno stato depressivo, di malessere e di angoscia e talora turbe fisiche più o meno violente.”

Questa definizione ci conduce ad una prima importante riflessione: la dipendenza, ancora oggi, continua ad essere principalmente associata all’utilizzo di sostanze, ovvero qualcosa che entra nel nostro organismo, provocando cambiamenti chimici osservabili e misurabili e, la cui prolungata mancanza, causa squilibri a livello neuronale, intaccando anche i processi psicologici. Quest’ultimo punto corrisponde a quelle che vengono comunemente chiamate crisi d’astinenza.

Nel caso delle new addiction, invece, non vi è alcuna sostanza ad insinuarsi nelle nostre cellule, eppure sono ugualmente presenti dei sintomi psicofisici. Questo fenomeno crea una problematica fondamentale: non abbiamo un metodo di valutazione quantitativa della dipendenza, ma possiamo basarci soltanto sui comportamenti osservati. L’impossibilità di essere strettamente scientifici a riguardo, ha dato origine alla confusione che, ancora oggi, attanaglia i professionisti della salute mentale, dalla definizione ai possibili trattamenti per le new addiction.

In questo articolo, cercherò di delineare una panoramica sull’argomento – che, come avrete inteso, è piuttosto complesso e insidioso – e di fare chiarezza su alcuni aspetti importanti.


Primo corollario

Dipendenza da videogiochi, dipendenza da internet e dipendenza da gioco d’azzardo non sono la stessa cosa.

Prima dell’avvento della rete (o del web, che dir si voglia), come la conosciamo oggi, la dipendenza da internet e quella da gioco d’azzardo erano ben distinte e viaggiavano su due binari paralleli. Perché? Semplice: per giocare d’azzardo bisognava uscire di casa.

Tuttavia, negli ultimi anni è cresciuto sempre di più il numero di quelle che possiamo definire come vere e proprie sale da gioco online, disponibili su diversi siti internet o su applicazioni gratuite scaricabili direttamente sullo smartphone, e quindi ancor più a portata di mano.


Spoiler: le app cosiddette gratuite (free to play), in realtà non lo sono mai fino in fondo.

Il termine dipendenza da internet, invece, non descrive un singolo fenomeno, ma viene utilizzato come termine ombrello che racchiude sotto di sé svariate forme di dipendenza comportamentale, potenzialmente connesse con tutto ciò che possiamo trovare in rete: casinò virtuali, materiale pornografico, applicativi utili per comunicare a distanza (ad es. posta elettronica, sistemi di messaggistica, social network), giochi (di ruolo, ma non solo) online, informazioni su ciò che accade nel mondo, siti di e-commerce.

Kimberly Young, psicologa e fondatrice del Center for Internet Addiction Recovery, è una figura chiave nello studio delle web addiction, tanto da essere stata la prima nel mondo ad averne scritto un libro completamente dedicato. Già nell’ormai lontano 1996, parlava di queste nuove forme di psicopatologia, con un peculiare riferimento alla dipendenza dagli acquisti online, dalle ebay addiction al trading on line addiction.

A pochi anni di distanza, nel 2000, Tonino Cantelmi, psichiatra e psicoterapeuta, pioniere della ricerca italiana sulla tecno-dipendenza, ha individuato differenti tipologie di cyber addiction, corrispondenti con gli elementi sopracitati, che vi spiego brevemente di seguito:

  • Compulsive Online Gambling: forma di dipendenza quasi totalmente sovrapponibile al già citato gioco d’azzardo, ma con riferimento specifico alle sale da gioco virtuali.

  • Cybersexual Addiction: dipendenza dai contenuti pornografici disponibili online; in questa prima definizione Cantelmi include anche relazioni erotiche virtuali portate avanti tramite chat room/ email.

  • Cyber Relationship Addiction: tendenza a sviluppare relazioni amicali e/o sentimentali (sempre tramite email/chat room) a scapito dei rapporti interpersonali reali.

  • MUD’s Addiction: si tratta di giochi di ruolo che permettono a più utenti di giocare contemporaneamente nello stesso contesto virtuale (Multi-User Domains o Multi-User Dungeons); solitamente, è prevista la creazione di un personaggio fantastico (avatar), che il giocatore interpreta, e con cui si identifica.

  • Information Overload Addiction: ricerca estenuante di informazioni protratta nel tempo, attraverso web-surfing e/o consultazioni senza fine di banche dati.


Secondo corollario

L’utilizzo di internet non ci rende tutti automaticamente dipendenti.

E’ necessario, però, essere consapevoli del fatto che tali comportamenti connessi all’utilizzo del web, in presenza di alcune variabili personali e contestuali e in associazione ad altri fattori di rischio (che saranno approfonditi nei successivi articoli) potrebbero potenzialmente evolversi in condotte disfunzionali e in grado di condizionare in modo significativo la vita delle persone.


Nonostante la Young abbia parlato per la prima volta di internet addiction prima del 2000, è bene avvalersi di molta cautela nel trattare questi argomenti, dal momento che parliamo di patologie non ancora riconosciute formalmente dalla comunità scientifica. La prima dipendenza senza sostanze riconosciuta, infatti, è stata il Disturbo da gioco d’azzardo, inserito nel DSM-5 (2) soltanto nel 2013. Nello stesso anno, all’interno del manuale, è stata citata anche una seconda forma di addiction comportamentale, chiamata Gaming Disorder, che è stata destinata alla sezione del DSM-5 dedicata alle “condizioni cliniche che necessitano di ulteriori studi”. Si tratta di un'appendice in cui sono raccolte le condizioni cliniche non ancora riconosciute in modo ufficiale, ovvero non ancora definite attraverso una serie di criteri diagnostici e non sufficientemente differenti rispetto a quelle già presenti nel manuale.

Nel 2018 è stato fatto un ulteriore passo in avanti: l’Organizzazione mondiale della Sanità ha annunciato l’intenzione di inserire il Gaming Disorder nella nuova edizione dell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (ICD), presentato per la prima volta durante l’Assemblea Mondiale della Sanità nel maggio del 2019, ma che entrerà ufficialmente in vigore da gennaio 2022. Questa nuova forma di dipendenza viene definita dall’OMS (3) come una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti legati al gioco, sia online che offline, manifestati da: un mancato controllo sul gioco; una sempre maggiore priorità data al gioco, al punto che questo diventa più importante delle attività quotidiane e degli interessi della vita; una continua escalation del gaming nonostante conseguenze negative personali, familiari, sociali, educazionali, occupazionali o in altre aree importanti”.


Terzo corollario

La dipendenza da internet non si combatte con l’allontanamento coatto, come avviene con le sostanze (droghe, fumo, alcol), bensì con l’educazione all’uso, ovvero l’adozione di una modalità di utilizzo più sana e controllata.

In conclusione, il "fattore internet”, apparentemente accantonato e marginale nelle definizioni di azzardo patologico e dipendenza da videogiochi, si configura come una variabile trasversale, che contribuisce a complicare il quadro, già di per sé poco chiaro: al di là dei comportamenti potenzialmente patologici legati ad un utilizzo incontrollato della rete, è bene tener presente che si può giocare d’azzardo in un casinò, ma oggi anche da casa utilizzando il proprio computer. Anche per i videogiochi si può fare un discorso simile: alcuni di essi sono giocabili attraverso specifiche console o computer, senza bisogno di una connessione internet; tuttavia, le console moderne sono sempre più smart e adatte alla connessione internet e pc, smartphone e tablet offrono una quantità smisurata di giochi online, che permettono di giocare in qualsiasi momento, anche interfacciandosi con giocatori che si trovano dalla parte opposta del globo.


Chiudo questo primo approfondimento citando una frase che Kimberly Young ha inserito nel libro “Caught in the Net” (1998), in cui ha condiviso con il resto del mondo i risultati di tre anni di studi sull’abuso da internet: “Non si diventa dipendenti da una macchina, ma dalle sensazioni ed esperienze che si provano durante l’uso di quella macchina”.

Il messaggio contenuto in queste parole vuole essere una rassicurazione non solo per i gamer, ma per tutti gli utilizzatori di Internet che ci stanno leggendo: questi strumenti non sono di per sé pericolosi o costruiti allo scopo di renderci tutti dipendenti. Al contrario, solo conoscendo a fondo i rischi ad essi connessi è possibile evitare modalità di utilizzo potenzialmente rischiose, scegliendo consapevolmente condotte responsabili che possano permettere di sfruttarne pienamente le potenzialità pressoché illimitate.



I suggerimenti di PAGE:


  • Il libro Caught in the Net di Kimberly Young

  • Il libro La mente in Internet di Tonino Cantelmi

 

Note:

  1. Enciclopedia Treccani

  2. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinta edizione, DSM-5. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014.

  3. ICD-11 International Classification of Diseases 11th Revision

 

Fonti:


- Young K. S. (1996), “Addictive use of the Internet: a case that breaks the stereotipe”, Psychological Reports, 79, pp. 899-902.

- Cantelmi T., Talli M. (1998), “I.A.D. Internet Addiction Disorder”, Psicologia Contemporanea, 150; Cantelmi T., Del Miglio C., Talli M., D‘Andrea A. (2000), “Internet Related Psychopathology: primi dati sperimentali, aspetti clinici e note”, Giornale Italiano di Psicopatologia, 6(1), pp. 40-51.

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