Chi trova una lootbox trova un tesoro?
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  • Immagine del redattoreAlex De Nittis

Chi trova una lootbox trova un tesoro?

È nato prima l’ovetto Kinder oppure la lootbox?


Che domanda strana, avete detto? Effettivamente questi due oggetti non si somigliano, a cominciare dal fatto che il primo risiede nel mondo “fisico”, e ogni sorpresina trovata può essere collezionata sulla vostra mensola. Le lootbox, invece, vivono nel mondo “digitale” e lì sono costrette a rimanere, e i contenuti sono collezionabili solo nel videogioco di riferimento. Ma vorrei analizzare accuratamente il principio che regola tali “oggetti” e li lega indissolubilmente: un premio casuale viene erogato previo un acquisto fatto dall’utente.


Ed è in quest’ottica che vorrei parlarvi delle sopracitate lootbox. Ma ci serve innanzitutto una definizione.

Le lootbox sono chiamate così perché assomigliano in tutto e per tutto a delle scatole (box) contenenti premi e ricompense (loot), ripeto e sottolineo, esclusivamente digitali. Questi premi possono essere “oggetti utili” agli scopi del gioco, come armi, potenziamenti e nuovi personaggi da controllare oppure “oggetti estetici”, come avatar, skin o colori alternativi per equipaggiamenti già ottenuti.

Per ottenere una lootbox, il giocatore ha due alternative: giocare o acquistarle con soldi veri.

Il primo caso è facile: una grandissima fetta dei videogiochi a cui giochiamo oggi ne usufruisce, quali free-to-play o game-as-a-service, che premiano il giocatore quando compie determinate azioni oppure supera determinati livelli di esperienza. Nel secondo caso invece, il giocatore è posto di fronte alla scelta di poterne comprare a suo piacimento, appunto, pagando. Diventa così molto più complesso. Ad esempio, esistono diversi tipi di lootbox che possono contenere oggetti più o meno rari a seconda di quanto si vuole spendere e anche in base al livello del giocatore, e questo non fa altro che aumentare o diminuire la possibilità di trovare premi sempre migliori.


Si comincia a sentir parlare vivacemente di lootbox nel 2010, quando giochi come Puzzle&Dragons introducono la possibilità di acquisto di gioielli e scrigni con contenuti casuali. La crescita dei guadagni con questa tipologia di incentivo all’acquisto attira l’attenzione degli enti di tutela competenti asiatici. Per questo motivo, la regolamentazione si aggiorna (con i dovuti tempi tecnici, mai al passo con l’evoluzione tecnologica, purtroppo) e le percentuali di riuscita (la possibilità che possa uscire dalla lootbox un particolare oggetto) vengono rivelate (1). È nello stesso periodo che uno dei miei videogiochi multiplayer preferiti è diventato free-to-play - mi riferisco a Team Fortress 2 - e le loot crate chiuse con catena e lucchetto hanno cominciato ad apparire nel mio inventario regolarmente, semplicemente giocando: solo con l'acquisto delle chiavi giuste per aprirle avrei potuto svelarne il contenuto. Armi, potenziamenti e...cappelli.


I cappelli di Team Fortress 2

Perché ho citato i famigerati ovetti Kinder? Forse cominciate ad avere un’idea: sulle loro confezioni infatti è dichiarato da sempre che una sorpresa sulle tre presenti nella classica confezione contiene una sorpresa “speciale”, dedicata a film o cartoni animati del momento.


Insomma, un set di sorprese dalla durata limitata che incentiva all’acquisto prima che sia troppo tardi. In realtà, qui in occidente sono più conosciuti rispetto ai gashapon (o gachapon), le macchinette di origine giapponese, che erogano i propri “ovetti” contenenti gli oggetti più disparati pagando qualche monetina. Non a caso, i videogiochi la cui monetizzazione ruota intorno a questo tipo di ricavo sono noti come gacha-game. L’esempio più recente è Genshin Impact, diventato il gioco free-to-play fenomeno del momento. Anche in questo caso, certi premi sono a durata limitata e si possono collezionare personaggi ed equipaggiamenti sempre più potenti.


In ogni caso, le prove per additare i videogiochi gacha o simili di essere dei veri giochi d’azzardo non sono sufficienti, ancora.


A meno che non si parli di Pay-to-win.


Il caso di Battlefront


Immaginatevi di essere entrati da poco tempo nel mondo virtuale di un videogioco. Il gioco vi piace, è un free-to-play che per definizione non vi ha costretto ad acquistare nulla. Vi appassionate e ci tornate regolarmente e collezionate svariate ore di gioco. Allora decidete di comprare una lootbox. Trovate degli oggetti decisamente più potenti e così il vostro arsenale migliora. Bello, no? Allora vi chiedo:


e se le lootbox non contenessero soltanto oggetti casuali ma proporzionalmente più efficaci, più rari o più belli a seconda di quanto si spende per comprarle?


Star Wars Battlefront II è il gioco che è stato citato in giudizio dopo essere stato etichettato come il gioco pay-to-win per antonomasia. I giocatori che si sfidavano nello spazio lontano lontano ottenevano bonus, equipaggiamenti e personaggi più potenti a seconda di quanto più o meno avessero speso per ottenerli, ovviamente, tramite la casualità delle lootbox. La EA - publisher del titolo - fu costretta a ricalibrare fino a rimuovere completamente ogni forma di lootbox, per poi limitarne il contenuto solo a premi estetici dopo diversi aggiornamenti (2).


La commissione del gioco d’azzardo belga, in realtà, pose sotto indagine il titolo due giorni prima della sua data di uscita, insieme ad altri giochi, tra cui Overwatch. Come tale procedura si sia conclusa per Battlefront II già lo sappiamo, ma anche Blizzard - casa madre di Overwatch - ha dovuto modificare le proprie meccaniche di lootbox dopo la conclusione delle procedure legali. Dal 2018 il Belgio ha iniziato una vera e propria osservazione speciale per tutti quei videogiochi che contengono lootbox, con l’obiettivo di rimuoverle completamente dal suolo europeo in quanto paragonabili al gioco d’azzardo.


In questo momento, l’attenzione si sta spostando sui booster pack di FIFA 21, le lootbox come “pacchetti di figurine dei calciatori”(3).

Perché l’uso sempre più smisurato di questo tipo di monetizzazione da parte delle aziende produttrici di videogiochi, sta iniziando ad attirare così tanto l’attenzione sia chiaro: per la possibilità di diventare gioco d’azzardo.


Quando un videogioco inizia a diventare un gioco d’azzardo?


Il governo del Regno Unito sta cercando di rispondere a questa domanda (4). Per questo motivo, nello scorso settembre ha avviato un questionario aperto a giocatori e sviluppatori del settore che potete trovare qui.

❗❗ Mi raccomando: avete tempo fino al 22 Novembre 2020! ❗❗

L’obiettivo è cercare prove riguardanti l’impatto delle lootbox, seguendo il provvedimento annuale che aggiornerà il Gambling Act del 2005. Il motivo di questo procedimento nasce dalla spinta dell’ente Children's Commissioner for England per la protezione dei bambini, o più precisamente, dei piccoli giocatori. Ed è anche per questo che noi di PAGE ci battiamo per un uso informato e consapevole della tecnologia e dei nostri amati videogiochi. Se ci sono genitori che leggono queste righe, il nostro appello è questo:


Ricordatevi di proteggere i vostri bambini e di guidarli negli acquisti sul loro gioco preferito, attivando ad esempio il Parental Control. Se siete in difficoltà, qui potete trovare la nostra guida all'uso del Parental Control!

 

Note:

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