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Immagine del redattoreAndrea Ancona

It’s gaming o’ clock!

Aggiornamento: 5 ott 2020

Il termine “dipendenza da videogiochi” viene spesso utilizzato in modo errato e assume, talvolta, una coloritura “colloquiale”. Ciò accade perché fa parte di quelle dipendenze esclusivamente comportamentali, di cui per tanto tempo si è parlato senza avere delle coordinate reali riguardo le dinamiche che la contraddistinguono come tale. Ancora oggi vi sono molte incertezze in merito, ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha prodotto una definizione ufficiale (1) per la patologia che conosciamo come gaming disorder, affermando che si può parlare di dipendenza se la persona gioca, senza riuscire a controllarsi, causando conseguenze severamente negative nelle aree più importanti della vita per un periodo di almeno 12 mesi.

Inoltre specifica che il gaming disorder colpisce solo una piccola parte dei giocatori, ma consiglia di prestare attenzione alla quantità di tempo che si dedica al gioco, affinché questo non sostituisca altre attività giornaliere importanti.


È proprio questo su cui voglio porre il focus dell’articolo: il valore e il significato del tempo nel gioco e il suo ruolo nell'insorgenza del gaming disorder.


Il gaming disorder colpisce in modo particolare i bambini e gli adolescenti, i quali hanno un minor autocontrollo sulle proprie capacità di decision making e trovano difficile, ancora più degli adulti, posticipare la gratificazione. Per questo motivo, sono richieste maggiori attenzioni per tali categorie, e molti paesi si stanno muovendo in questa direzione.

La Cina, ad esempio, ha stabilito delle linee guida riguardo la gestione dei videogiochi, sia per gli utenti che per i produttori, adottando specifici provvedimenti (2), tra cui:

  • L’implementazione di un sistema di identificazione dei giocatori per tutte le piattaforme, al fine di applicare delle restrizioni in caso venisse individuato un minore.

  • La limitazione della quantità di tempo giornaliero dedicato al gioco: 1 ora per gli under 13 e 2 ore per i giocatori tra i 13 e i 18 anni.

  • La limitazione della spesa per gli acquisti nei giochi online: vietandola per gli under 8, limitandola a 6,50 € al giorno e a 26 € al mese per la fascia tra gli 8 e i 16 anni, e a 13 € al giorno e 52 € al mese fino ai 18 anni. Non sono infatti infrequenti testimonianze di minori che hanno speso migliaia di dollari per i giochi mobile, a causa anche di una mancata regolazione del parental control.

  • L’attivazione di un sistema di rating per i giochi, definendo a quale fascia di età sono adatti certi contenuti, simile al nostro PEGI.

  • L’invito per i publisher alla divulgazione di un utilizzo sano del videogioco e degli strumenti che i genitori hanno a disposizione; in particolare gli strumenti di parental control, già disponibili per ogni piattaforma, con cui i genitori possono avere un controllo, anche a distanza, sulle attività di gioco del proprio figlio.

Sia nella definizione dell’OMS che nelle linee guida cinesi, sembra essere centrale proprio la quantità di tempo da dedicare al gioco. È interessante, dunque, analizzare in quali casi gli sviluppatori sono interessati a massimizzare il tempo che il giocatore spende a giocare il loro gioco. Di seguito alcune modalità più frequentemente utilizzate.


Pubblicità: se un gioco contiene pubblicità, in forma di banner o video, questo tipo di monetizzazione è strettamente legata alla quantità di tempo speso. Lo sviluppatore può guadagnare ogni volta che viene visualizzata una pubblicità (CPM, Cost Per Mille Impressions), ogni volta che viene cliccata (CPC, Cost Per Click) o ogni volta che l’utente clicca la pubblicità ed esegue una certa azione desiderata (CPA, Cost Per Action).


Contenuti extra: esistono prodotti che arricchiscono l’esperienza di gioco con nuovi contenuti (DLC, Downloadable Content), quelli che aggiungono contenuti a livello di flavour estetico (Deluxe Edition, Skin Pack, Merchandise) e quelli che potenziano alcune azioni in gioco o aggiungono funzionalità che velocizzano l’acquisizione delle risorse. L’acquisto di questi contenuti è direttamente legato al valore che il gioco ha per l’utente, che è solo parzialmente influenzato dal tempo di gioco.


Vorrei porre l’attenzione anche sulle meccaniche che cercano di controllare la frequenza delle sessioni di gioco, ovvero quante volte accediamo al gioco dai nostri dispositivi.


Perché è importante?


Una frequenza maggiore aumenta la probabilità che il giocatore faccia determinate azioni che contribuiscono ad accrescere la visibilità del gioco e invoglino, così, altre persone a provarlo.


Alcune di queste meccaniche rischiano di avere effetti talmente importanti sulla vita del giocatore, da spingerlo a giocare anche quando per lui potrebbe essere “scomodo”, come ad esempio durante orari notturni o lavorativi.


Per esempio, paragoniamo un gioco che mi chiede di giocare un’ora al giorno con un altro che mi richiede un impegno di sette ore a settimana.

Nel primo caso, potrebbe capitare una giornata particolarmente piena, per cui giocare quell’ora significherebbe rinunciare ad un’ora di sonno; nel secondo, invece, come giocatore, potrei gestire il mio tempo con più libertà e fare diverse sessioni: due da tre ore e mezza l’una, oppure un’unica di sette ore in un momento libero del week-end.


I premi all'interno del gioco servono proprio per questo motivo: molti giochi, infatti, hanno sia premi giornalieri che premi settimanali e mensili, che ricompensano il giocatore dopo che quest'ultimo ha compiuto una o più specifiche azioni nel gioco.


Dare una ricompensa giornaliera, dunque, aumenta la frequenza di accesso al gioco e, potenzialmente, anche il tempo stesso di gioco.


Ciò non significa che queste meccaniche siano sempre negative, ma incidono sulla volontà di ricevere una ricompensa! Perciò, considerare se e quanto il gioco interferisce sulla gestione del tempo del giocatore è una responsabilità degli sviluppatori ed è utile per i giocatori comprendere l’impatto del videogioco sulla propria vita, al fine di poterne fare uso con maggiore consapevolezza.


Cosa possono fare gli sviluppatori e i publisher?
  • Collaborare con i ricercatori, condividendo esperienza e dati acquisiti tramite i giochi per aiutarli ad approfondire gli studi sul fenomeno.

  • Collaborare con i professionisti della salute mentale, al fine di evitare che i giocatori possano sviluppare una dipendenza patologica.

  • Utilizzare coscienziosamente quelli che vengono chiamati dark patterns, ovvero “trucchi” di user experience che potrebbero spingere in modo coercitivo, sterzante o ingannevole gli utenti a prendere decisioni indesiderate e potenzialmente dannose.

  • Promuovere una corretta divulgazione su questi temi.

  • Stimolare gli altri sviluppatori a porre attenzione su queste tematiche.


Spero di aver dato qualche spunto interessante per fare appassionare anche voi a questa tematica.


Ma chiediamoci: in che modo possiamo fare la differenza?

 

Note:

  1. Gaming disorder

  2. China’s State Administration of Press and Publication releases new notice on preventing addiction among minors in online games.

 

Fonti:


- Fair Play Alliance – Be Part Of The Change

- Ethics in the Videogame Industry: A Mythbusting and Scientific Approach

- When the Fun Stops: The Science of Addiction

- Jeff Vogel's Blog - The Glorious, Profitable, Inescapable Art of Addiction

- Appearing before a House of Commons committee on Wednesday





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