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Immagine del redattoreAlex De Nittis

Giocatori interconnessi: l’esperienza Pokémon

Qual è il primo videogioco che vi viene in mente quando si parla di scambi, allenatori e mostriciattoli tascabili?

Il bello dei Pocket Monsters, meglio conosciuti come Pokémon, risiede nella loro enorme fama che, dal lontano 1996, li ha portati ad essere il secondo franchise di videogiochi più redditizio di Nintendo (con quasi 400 milioni di copie vendute e 90 miliardi di fatturato inclusi gli altri media) secondo solo a quello dell’idraulico paffuto, Super Mario. Sin dagli esordi, il motivo che ha reso i Pokémon famosi in tutto il mondo è stato il motto “Gotta catch ‘em all!”, ovvero, “catturali tutti!”.

Ma in che modo? Ebbene sì: relazionandosi con altri giocatori.


Completare il Pokédex, una sorta di agenda digitale dove catalogare e segnare le proprie catture, è la sfida principale e ogni Allenatore di Pokémon lo sa. Il giocatore inizia l’avventura con un solo mostriciattolo e può arrivare alla fine di essa avendoli catturati tutti. Tuttavia, questo non può essere possibile senza chiedere una mano ad un altro allenatore. Il motivo risiede nella distribuzione sugli scaffali dei negozi - rimasta invariata nei decenni - di due edizioni diverse dello stesso gioco: Blu e Rosso, Argento e Oro, Rubino e Zaffiro, fino ad arrivare al più recente Spada e Scudo per Nintendo Switch. In ogni edizione, esplorando nel mondo di gioco, solo una parte dei mostriciattoli può essere trovata: i Pokémon restanti invece erano disponibili solo nelle edizioni alternative alla propria e questo costringeva i giocatori a trovarsi e aiutarsi dal vivo. Internet? Era troppo presto: si sarebbe dovuto attendere il 2007 per potersi connettere a distanza di migliaia di chilometri. Ma concentriamoci sui primi titoli della serie per comprendere che cosa era necessario per attuare uno scambio di Pokémon.

 

Il cavo gamelink. Bastava collegare con questo cavo i dispositivi utilizzati, ovvero i Game Boy, per iniziare subito il trasferimento [vedi Fig. 1]. Facile. Ma allora cosa rendeva difficile questa impresa? I nostalgici ricorderanno sicuramente quanto fosse raro trovare un allenatore che lo possedesse! Ad esempio, ci si radunava alle fiere annuali dedicate (molto rare in Italia) e si cercava tra i fan a chi mancasse cosa. Dopodiché era facile rimanere collegati: ci si scambiava il numero di telefono, magari per sentirsi quando sarebbe uscita la nuova edizione, per decidere quale delle due comprare, oppure per ritrovarsi l’anno dopo. Con gli amici si potevano intraprendere sfide all’ultimo Pokémon: vinceva chi sopravviveva in uno scontro tra allenatori, con sei Pokémon a testa. Ed è così che negli anni - in concomitanza con il gioco di carte collezionabili - vennero creati i primi campionati nazionali e poi mondiali di Pokémon. Tutto questo, grazie ad un cavetto.


Figura 1. Il cavo gamelink.

L’avvento del Global Trade System. Nel tempo anche i Pokèmon si sono evoluti (e non stiamo parlando solo di Kadabra e Alakazam!) e con loro anche le tecnologie utilizzate per giocare insieme. Come accennato, nel 2007 arrivarono la quarta generazione dei Pokémon e il Nintendo DS [vedi Fig. 2], che permetteva agli allenatori di connettersi a internet da qualsiasi parte del mondo per giocare: la passione Poké conquistò tutto il mondo. Gli scambi si intensificarono, le sfide venivano disputate da una parte all’altra degli oceani e, grazie a questo, completare il Pokédex era diventato più facile. Ci si poteva anche ritrovare virtualmente in un mondo condiviso, completamente esplorabile, dove ogni giocatore poteva costruire una vera e propria base segreta (un po’ come una casetta sull’albero personale) dove poteva sfoggiare i propri premi e oggetti Pokémon acquisiti durante l’avventura principale. Anche se il collegamento veniva interrotto, era ancora possibile andare a trovare l’avatar del giocatore con cui ci si era connessi all’interno del mondo condiviso, nella sua base segreta. Tuttavia, qualcosa era profondamente cambiato: niente più incontri vis-a-vis, raramente si sfruttava il microfono incorporato nella console per sentirsi usando la voce, e l’utile - seppur limitato - sistema di chat non veniva utilizzato molto. Anche alle fiere si andava principalmente per i tornei, inclusi quelli del gioco di carte collezionabili. Avremmo dovuto attendere anni, prima di poter tornare a rivederci.


Figura 2. Il Nintendo DS.

Spopolano il Location-based game e i raid. La novità più grande di Pokémon GO, disponibile sin da subito per la maggior parte degli smartphone, era l’uso del GPS e della realtà aumentata [vedi Fig. 3]: per poter scovare i mostriciattoli bisognava camminare in giro nel mondo reale e aspettare che comparissero, magari in un parco vicino casa oppure in centro città! Inizialmente i giocatori si potevano solamente sfidare in zone specifiche, le cosiddette palestre, attività che poteva essere svolta anche in piccoli gruppi.

con l’avvento dei raid fino a 20 allenatori di Pokémon potevano collegarsi all’unisono per combattere in modo cooperativo contro un unico, fortissimo Pokémon. Intere città si organizzavano in team per muoversi di palestra in palestra, dove avevano luogo i raid, ancora più competitivi grazie alla divisione in squadre all'interno del gioco: Blu, Rossa e Gialla. Sarebbe stato il 2018 l’anno della svolta: la community vide l’arrivo dell’aggiornamento con gli scambi di Pokémon e, poco dopo, con le battaglie tra allenatori, entrambe attività da svolgere rigorosamente dal vivo. L’uso combinato di Internet per collegarsi al mondo di gioco, incrociato con il muoversi tra le strade delle proprie città aveva riunito fan locali e di tutto il mondo, di nuovo (1).



Figura 3. La realtà aumentata in Pokemon Go.

Conclusioni. Pokémon è sicuramente uno dei tanti videogiochi che riesce a mettere in collegamento i propri appassionati. Queste modalità finora descritte, uniche di questo genere, lo hanno eletto come capostipite dei videogiochi multigiocatore. Giocare insieme era possibile con tanti giochi ma la motivazione a incontrarsi, divertirsi insieme, creare competizione, affiatamento, attenzione condivisa, aiutarsi reciprocamente, fare team building e organizzare eventi, solo pochi titoli sono riusciti a mantenerla per così tanto tempo, sia fuori che dentro il mondo virtuale. Non devono mai sembrare parole scontate quando parliamo di videogiochi e relazioni. Far stare queste caratteristiche in un'unica app o cartuccia non è un lavoro da poco. Nintendo contribuisce da sempre affinché questo messaggio venga divulgato: è infatti di pochi giorni fa l’annuncio in un video, montato con una nota nostalgica, del nuovo gioco di Pokémon, chiamato Pokémon Unite. Sebbene i fan non abbiano accolto a braccia aperte questo nuovissimo titolo del mondo dei mostriciattoli tascabili, mi piace pensare che sia l’ennesimo modo per continuare ad accomunare i videogiocatori grazie alla passione per lo stare insieme, giocando.

 

Note:

  1. Durante la pandemia del 2020 causata dal virus Covid-19, Pokémon GO ha visto i propri allenatori costretti ad abbandonare completamente l’esplorazione nel mondo reale, rendendo impossibile giocare. Per questo motivo, Niantic - casa di sviluppo del gioco - ha rivisto interamente parte delle meccaniche di gioco consentendo ai giocatori di trovare più Pokémon nei dintorni delle proprie abitazione e permettendo la partecipazione ai raid anche a distanza dalle palestre. Inoltre, non ha mai smesso di comunicare con la community attraverso i canali social e il proprio blog, garantendo eventi e apparizioni di Pokémon speciali pur se costretti a rimanere a casa.

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