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Immagine del redattoreAlex De Nittis

Essere l'eroe

“Il prodotto videoludico è ad oggi, nella quasi totalità dei casi, un articolato e complesso veicolo di messaggi ed esperienze, il quale fornisce innanzitutto la possibilità di immergersi in un ambiente variegato e definito, e molto spesso all’interno di (o in relazione con) un personaggio che in esso può agire e comunicare.” da Psicologia dei videogiochi di Stefano Triberti e Luca Argenton

Quando il giocatore muove i primi passi all’interno di un mondo virtuale è naturale credere che stia solo premendo delle freccette, oppure i tasti WASD sulla tastiera o ancora inclinando solo la levetta analogica. Niente di più vero ad una prima impressione. Quanto può accadere in realtà è più complesso, frutto non solo della pressione dei tasti o della programmazione di codice dietro lo schermo, ma anche di quello che avviene in chi siede di fronte ad esso: noi!


Quando il nostro avatar si muove, anche noi ci muoviamo.


Questa espressione mi aiuta a farvi entrare nell’ottica che i personaggi dei videogiochi - siano essi personalizzabili o meno in diverse misure o colori - sono ciò che ci connette effettivamente al mondo di gioco, con le loro emozioni ed espressioni, ma anche corpo, occhi e voce.


Il casco che indossiamo nei panni del Demon Slayer di DOOM

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🧦 Vestire i panni di un eroe


I videogiochi ci hanno abituato a vestire i panni di qualsiasi essere, di qualsiasi forma.

Basti pensare all’eroe Link in The Legend of Zelda (la sua ultima avventura è disponibile qui): lo conosciamo bene nella sua classica tuta verde.


Anche lui però nel tempo è arrivato ad essere sempre più personalizzabile, nei colori ma anche nelle forme. Vi cito il capitolo “Twilight Princess”, dove Link, da forma umana, può trasformarsi in un lupo ogni qual volta che il giocatore lo desidera. A quel punto diventiamo un quadrupede, non solo nell’aspetto ma anche nelle caratteristiche, con istinti e agilità migliorati. Sfido chiunque l’abbia giocato a non dire che si sentiva veramente più agile una volta avvenuta la metamorfosi!


In Everything (disponibile qui), l’esperienza ruota intorno proprio a chi scegliamo di essere, in ogni istante della partita. Possiamo letteralmente diventare tutto (il titolo del gioco è chiaro), da una coccinella, ad un albero, fino ad un pianeta. Il cambio di punti di vista è l’essenza del videogioco stesso ed è spettacolare vedere come il mondo a sua volta cambia a seconda della nostra fattezza.


Incamerare e scatenare un’onda energetica è possibile nei titoli picchiaduro basati sul famosissimo manga di Dragonball. Nel titolo FighterZ (disponibile ancora per poco in super offerta qui) possiamo vestire i panni di ogni personaggio della serie. Siamo abituati a vederli schierati in televisione secondo la classica dicotomia “buoni contro cattivi” ma nel videogioco abbiamo la possibilità di formare squadre di tre personaggi a libera scelta, per ottenere così colossali battaglie 3-contro-3, capitanate da un singolo giocatore contro il computer o un altro giocatore.


Questi sono solo alcuni esempi di come essere un “semplice” avatar può raccogliere in sé numerosi punti di vista, trasformazioni e aggregazioni di ogni genere e tipo.


🎨 Personalizzare l’eroe

Dall’elenco manca però qualcosa. Sappiamo che nel tempo anche la personalizzazione del proprio avatar ha subìto notevoli evoluzioni, fino ad arrivare a vere e proprie creazioni uniche. Gli MMORPG hanno aperto la strada alla costruzione del personaggio non solo per le proprie statistiche (attacco, difesa, agilità, etc.) ma anche sul versante estetico, letteralmente dalla punta dei capelli fino alle scarpe.


Il menu di personalizzazione del personaggio di Cyberpunk 2077

“In Night City, il look è tutto." Il menu di personalizzazione del personaggio di V in Cyberpunk 2077, tra critiche e lodi, ha incluso nel gioco la possibilità di personalizzare i propri genitali.


Altri giochi rendono invece la propria estetica un punto di forza per le microtransazioni, sia che si tratti di Fortnite (disponibile qui) oppure di Warframe (disponibile qui). In entrambi i casi si punta alla massima espressività, a comunicare agli altri giocatori “chi siamo” ma anche “di che pasta siamo fatti”, in quanto molte decorazioni estetiche vengono applicate sull’avatar a seguito di grandi vittorie o di sfide superate.



🦸🏻‍♂️ Essere un eroe


Ma non è soltanto il giocatore che comunica il proprio “essere” attraverso l’avatar, bensì è l’avatar che spesso comunica al giocatore cosa succede, creando una vera e propria sinergia e connessione tra virtuale e reale.


Molti sviluppatori comunicano in modi sempre più veri e diretti cosa accade nel mondo di gioco attraverso i suoi protagonisti.


Mi torna in mente Prince of Persia (sapevate che è in arrivo il suo remake? Prenotatelo qui!), che nel primo capitolo della trilogia de “Le sabbie del tempo” da soldato-damerino diventa un guerriero a petto nudo, sfregiato dalle battaglie vissute durante il gioco. In questo caso l’avatar comunica il senso di progressione della narrativa e dell’esperienza del giocatore in modo lineare.


Altri titoli, come Grand Theft Auto San Andreas (disponibile qui), usano il tempo passato in gioco per comunicare al giocatore come sta giocando: CJ, il personaggio principale, muovendosi in bicicletta oppure a piedi dimagrirà. Ma se mangerà troppo, rischierà di ingrassare. Niente che non si possa rimodellare andando in una delle palestre presenti nel gioco, facendo spuntare anche qualche addominale. In tutti e tre i casi, muovere il giocatore nel mondo di gioco risulterà in un’esperienza diversa in ogni situazione.

La prospettiva in entrambi gli esempi è definita “in terza persona”. Quello che vedremo in azione sarà il corpo intero del nostro eroe, con una tecnica chiamata “camera in spalla” o con la visuale libera, che consente di avere contezza di tutto lo spazio che circonda il personaggio.


Tuttavia è stato riconosciuto ad un altro tipo di visuale il merito di essere più immersiva. Sapete sicuramente a quale mi riferisco: quella in prima persona, prerogativa dei FPS e un tutt’uno con il visore della Realtà Virtuale.


Faith, la protagonista di Mirror's Edge, durante il gameplay
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Tutto ciò che avviene su schermo è proiettato direttamente sugli occhi del nostro avatar attraverso i quali noi guardiamo a nostra volta.


Indossare i caschi del Demon Slayer di Doom oppure di Master Chief di Halo dovrebbe farvi capire cosa intendo. In questo caso, è la sola vista che connette il giocatore al gioco stesso pur avendo coscienza di chi (o cosa) stiamo incarnando in quel momento.

Molto spesso, soprattutto negli ultimi anni, i protagonisti dei videogiochi in prospettiva in prima persona, abbassando lo sguardo, ci ricordano che abbiamo anche un corpo. Infatti il busto, le braccia e le gambe diventano connessione con il personaggio di gioco, grazie al quale possiamo fare acrobazie incredibili, come con Faith in Mirror’s Edge Catalyst.


Un netto miglioramento rispetto al passato, dove il volto del personaggio sembrava fluttuare nella stanza piuttosto che esservi ancorato al pavimento!

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